Il reddito minimo di cittadinanza porta le persone ad essere pià felici, e più creative.

A dirlo è Elon Musk, imprenditore sudafricano fondatore di Tesla Motors e SpaceX, secondo il quale nel futuro, piuttosto prossimo, l’automazione sempre maggiore dei settori produttivi porterà ad obbligare i governi ad introudrre delle misure di reddito minimo, per garantire la sopravvivenza dei cittadini. In particolare, secondo Musk, è l’avanzamento della tecnologia e dell’intelligenza artificiale che causerà perdita del lavoro e quindi la necessità di un reddito di sussistenza. In questa situazione, per Musk, si genererebbe una ricchezza diffusa, che porterebbe le persone a migliorarsi e a reinventarsi, acquisendo nuove prospettive e ideando, perchè no, nuove professionalità. In poche parole, più tempo per essere creativi, e felici.

Il pensiero di Musk non è cosa nuova per studiosi di scienze politiche e sociali, che già da anni hanno posto l’attenzione sulla correlazione tra crescente automazione e meccanizzazione del mondo del lavoro e conseguente urgenza di un reddito minimo di cittadinanza.

Come dice Federico Pistone, autore del libro “I robot ti ruberanno il lavoro ma va bene così. Come sopravvivere al collasso economicoe e essere felici“, quasi ogni lavoro che oggi esiste, a medio termine, sarà automatizzato. Probabilmente si salveranno le professioni legate alla cura della persona (come il medico, per esempio, o lo psicologo). La soluzione? Tenersi sempre aggiornati e imparare cose nuove per affrontare questo imminente passaggio ad un altro sistema economico. Anche secondo Pistone sarà necessario l’intervento di un reddito minimo per fronteggiare questa transizione economica, così come sarebbe utile che il singolo cominciasse a pensare a come spendere tempo e soldi per essere più felice, senza sprechi, per una società sempre più open source (basata sulla condivisione della conoscenza di tutti i settori produttivi).

Che fare allora? Di fronte ad uno scenario del genere, nemmeno poi così lontano, una prima reazione è sicuramente legata al disorientamento. E forse anche alla paura. Questi studi, invece, ci dicono che la soluzione sta nel reagire con un atteggiamento che invoca all’apertura. Esattamente il contrario, allora: aprirsi verso il nuovo, verso la condivisione, verso un modo di vivere e stare al mondo diverso da quello attuale, più creativo, più vicino alle nostre attitudini. L’obiettivo, in fondo, è sempre quello: essere felici.